giovedì 29 gennaio 2009

Fino a che punto deve essere creativo un sito internet ?  


Ho trovato di molto interesse le argomentazioni di Blographik e dei suoi numerosi commentatori, tutti web designer vogliosi di sbizzarirsi in creazioni originali, e tutti, in genere, incompresi dai clienti (le aziende).

Da un lato non si può non simpatizzare con il desiderio di sfrenare la propria creatività e il proprio talento e realizzare ogni volta siti-cammeo, condensati di originalità e di innovazioni tecniche. Piccoli capolavori da inserire in portfoli quasi fossero cataloghi di mostre d’arte.

Il webmastering come forma d’arte, e chi può negare che lo sia ?

Ma l’arte si scontra con la grigia realtà di tutti i giorni, quella delle aziende alle prese con budget, fatturati, clientele da accontentare, imprenditori che non capiscono i nuovi linguaggi del web, si lamentano i creativi, che quasi sarebbe meglio non lavorare per loro.

Si tratta di problematiche note a quasi tutti coloro che lavorano in azienda - con ruoli diversi - nella comunicazione, perché in esse ci si imbatte almeno per l’80 % del tempo.

Vorrei quindi provare a presentare il punto di vista delle aziende e spiegare perché non è possibile, quasi mai, realizzare siti aziendali che siano capolovarori di arte web del 21esimo secolo.

1.
L’imprenditore (o il responsabile della comunicazione) che commissiona la realizzazione di un sito a un web designer non desidera un’opera d’arte (a meno che ovviamente non si tratti del sito di un museo o cose del genere, ma forse neanche). Vuole un sito per comunicare determinati contenuti, che possono anche avere a che fare con la ferramenta, i laminati plastici, i semilavorati in legno e altre cose del genere molto poco artistiche, ma che sono i suoi prodotti e che deve vendere.

2.
La decisione di avere un sito fa parte di una strategia di comunicazione più generale, e il sito deve rispondere ai criteri di questa strategia. Il sito è una tattica, non è la strategia, e quindi alla strategia si deve adeguare.

3.
Per contro, tutto quello che non contribuisce a sviluppare la strategia è eliminato, perché complica la comprensione del messaggio che si vuole trasmettere, come un accessorio vistoso e ridondante che calamita lo sguardo impedendo di notare l’eleganza dell’insieme.

4.
Infine, ebbene sì, abbiamo anche problemi di budget. Sapete com’è, avevamo appena iniziato a renderci conto che spendere per la comunicazione si deve perché non è un costo ma un investimento che ci arriva tra capo e collo la crisi. E mentre cerchiamo di non tagliare gli investimenti in comunicazione, consapevoli del fatto che saranno proprio loro ad aiutare la ripresa, nel contempo cerchiamo di fare di più con meno.

E così i web designer fanno la fine degli stilisti di moda, che sulle passerelle presentano creazioni magnifiche quanto importabili, ma che nelle collezioni pret-à-porter devono inserire gli abiti che le clienti possano indossare facilmente. Gli stupendi abiti di Capucci sono protagonisti di mostre, ma non li vedrete mai addosso a qualcuna nella vita di tutti i giorni.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Enrica, è un po' che non ti commento. Ma ti leggo sempre con i feed. Venendo al punto, anzi, ai punti:
Per mia esperienza capita spesso che
1) Aziende che producono laminati plastici mi portano come esempio per la grafica il sito di diesel o di D&G

2) Molti vogliono il sito (chi non ce l'ha ancora) perché il concorrente ce l'ha

3) Ho conosciuto clienti così tortuosi nella logica che fan paura

4) Da noi la comunicazione è la prima cosa che si taglia (purtroppo)

Anonimo ha detto...

Ciao Enrica, sono una delle persone che ha partecipato ai commenti dell'articolo che citi anche tu su Blographik, e mi ha interessato molto leggere il tuo, “dall'altra parte della barricata". Intervengo anche qui come grafica e webdesigner in diversi campi della comunicazione. Devo dire che il problema sollevato dal famoso articolo di Blographik, a parer mio, non era proprio quello di sfogare la propria vena creativa in estrosi lavori da proporre al cliente di turno. Nessuno mette in dubbio che le esigenze aziendali siano vincolate molto spesso al budget e alle scadenze da rispettare, o a diversi tipi di pressioni che, effettivamente come dici tu, contribuiscono un po'al grigiore del lavoro d'ufficio. C'è però da dire che affidarsi ad un professionista non vuol dire pretendere a priori che le cose vengano fatte in un determinato modo, perchè altrimenti sarebbe molto più facile inserire uno stagista nell'azienda (cosa peraltro molto frequente, in modo appunto da venire incontro facilmente alle problematiche economiche) e dare a lui/lei da sbrigare il penoso compito di allestire un sito web secondo la logica del titolare o chi per lui, che non è un art director nella maggior parte dei casi. Altro discorso, che credo tu non abbia preso in considerazione, è quello del creativo che lavora all'interno di un'azienda che si occupa di comunicazione. L'impossibilità di “osare”, di proporre qualcosa che esca ogni tanto dagli schemi, mi sembra una contraddizione quando offriamo un certo servizio, che non è quello di vendere un pacchetto di sigarette, ma quello di costruire un'immagine, vuoi con il logo, vuoi con una brochure o con un semplicissimo sito web di tre pagine. Perchè tale servizio sia completo, secondo me, non può fermarsi alla stereotipazione, all'appiattimento, cioè a sfoderare un mattone rosso nella homepage solo perchè il sito è di un'azienda che si occupa di edilizia e solo perchè si è sempre fatto così. Tra l'altro, come dice account, lavorando per agenzie della comunicazione, ho incontrato clienti che volevano il sito web come quello di versace e seidimosa.it, e il loro doveva essere quello di un ente regionale. O altri che parlavano di realizzare un sitarello vetrina, tanto per avere un minimo di visibilità, e mi consegnavano poi una mole di contenuti degni di un portale, ma da realizzare allo stesso costo di un biglietto da visita. Ora, gli stilisti di moda possono tranquillamente permettersi di far sfoggiare alle proprie modelle gli abiti più strampalati e fantasiosi visto il ritorno di immagine e di soldi di cui comunque godono, anzi, lo fanno proprio per quello. Ma i webdesigners e grafici vari, che sono i primi a risentire della crisi a cui anche tu accenni, non sono così capricciosi da voler realizzare un sito pieno di rose e riccioli quando il cliente è un avvocato o un commercialista, semplicemente vogliono essere presi sul serio, e non come esecutori passivi di istruzioni venute da chissà dove.

Anonimo ha detto...

Salve Enrica :)
Sono giunta qui da Blographik e vorrei lasciare il mio commento, oltre a un link a un articolo di KobraBlog sullo stesso argomento.

Nella mia esperienza, mentre quando si ignora una materia ci si affida al professionista di turno (meccanico, commesso del negozio che ci aiuta a scegliere un prodotto, cameriere che ci consiglia i piatti del giorno, ecc...) quando si tratta di comunicazione-mktg-grafica-web tutti diventano improvvisamente art director e pretendono di dare istruzioni e decidere da soli, in barba alle avvertenze frustrate del designer di turno.

Quindi, a mio parere, il problema non è tanto dell'estro incontenibile dei designer, ma una sorta di arroganza diffusa per la quale essi vengono puntualmente relegati al ruolo di pigia-bottoni.

Enrica Orecchia ha detto...

Innanzitutto grazie per i commenti, che provengono tutti da persone qualificate, perché inserite in agenzia o che comunque che lavorano nel webdesign.

@ Account

ciao, mi fa piacere che tu segua il mio blog. Nei primi tre casi che illustri mi pare che manchi, da parte dell’azienda, una riflessione globale su quelli che sono gli obiettivi della comunicazione tramite il sito (cioè manca una strategia). Questo causa le amenità che descrivi. Un po’ come una cicciona che per seguire la moda porti gli abiti che stanno bene alle modelle taglia 38 (mi piacciono i paragoni tra la grafica e la moda e mi viene da usarli spesso). E’ semplicemente ridicola, e questo è l’effetto che fanno certi siti, non per colpa dei designer, ovviamente.
Il quarto punto è purtroppo indice di una cultura della comunicazione che, nonostante gli sforzi degli addetti ai lavori (relatori pubblici, comunicatori, designer, grafici, ecc) stenta ancora a prendere piede, per cui la comunicazione è vista come una funzione-accessorio ed è la prima cosa su cui si taglia. A tutt’oggi questo mi pare che sia il problema più grave e di fondo di chi lavora nella comunicazione, e probabilmente la causa dello scontento e del senso di frustrazione espresso da molti webdesigner (e non solo, provate a scrivere un testo e vedervelo rimaneggiato da chi è meno competente di voi ma ha il potere decisionale).

@ Silvia:

Grazie del tuo interessante commento. Prima di tutto lasciami sfatare un pregiudizio che molti hanno verso le aziende e che traspare dalle tue parole quando parli di grigiore. Il lavoro di ufficio può essere molto stimolante, soprattutto quello del marketing e ovviamente della comunicazione, ma spesso capita che sia pieno di vincoli, tra scadenze e budget, che lo rendono una sfida per far quadrare le risorse a disposizione e nel migliore dei modi. Il sito è solo una di queste risorse (mentre per chi lavora al sito è tutto il suo lavoro, da qui il punto di vista diverso, che capisco), e a volte nemmeno la principale (a torto o a ragione, a seconda dei casi), per cui l’interesse dell’imprenditore, o del direttore comunicazione o del responsabile marketing, non è concentrato sul sito, ma sull’obiettivo finale.

@ Silvia e Francesca :

Che poi ci siano degli ignoranti (e mi ricollego al discorso sopra), incompetenti e presuntuosi che giudicano il lavoro del webdesigner di cui non capiscono niente, soprattutto nelle imprese di certe dimensioni, non è purtroppo infrequente. Ci vorrebbe un imprenditore (o chi per lui) particolarmente illuminato e disposto a uscire un po’ dai ranghi per permettere a un webdesigner di esprimere la propria creatività. E qui mi fermo perché lavoro anch’io in azienda, leggete fra le righe per cortesia. Tuttavia, chi lavora per gli altri, deve già mettere in previsione che al cento per cento non avrà l’ultima parola. Un certo grado di flessibilità è necessario in molte professioni. E’ necessario al mio parrucchiere, che vorrebbe rivoluzionarmi l'acconciatura tutte le volte che mi vede, e invece si sente puntualmente frustrare dalla sottoscritta con un “solo una spuntatina, in modo da riprendere il taglio”. O all’insegnante che vorrebbe spiegare la letteratura inglese a un certo livello e si scontra con l’ignoranza degli studenti che in quinta liceo non conoscono ancora la grammatica della lingua, per fare solo due esempi.

@ Silvia: sulla figura del creativo che lavora in azienda (di cui non ho parlato perché il post era già piuttosto lungo) probabilmente posterò in futuro.

@ Francesca:

Grazie della segnalazione dell’articolo di Kobrablog. L’ho letto e l'ho trovato abbastanza condivisibile (c’è anche qualche spunto che potrei riprendere per un prossimo post).

Unknown ha detto...

Il discorso non fa una grinza però credo che manchi un punto che anche il grafico deve sempre tenere ben presente: a chi è diretto il sito web? Chi è il target?
Io lavoro nel settore dell'elettronica e i visitanti del nostro sito sono al 90% ingegneri elettronici ai quali non interessa più di tanto l'estetica e il design del sito ma piuttosto la sua semplicità e facilità nel trovare quello che cercano. La regola dei 3 click, a mio avviso, se può essere di 2, tanto meglio.
Quando pochi mesi fa abbiamo ridisegnato il nostro sito affidandoci a un professionista esterno, abbiamo cambiato un po' i colori della home page, reso più immediata la ricerca dei prodotti e delle relative schede tecniche e poco più. Certo non vinceremo sicuramente nessun premio per l'estetica del sito ma, in base ai primi feedback, sembra che svolga molto bene la sua funzione. Il grafico non era molto contento del lavoro ma per noi era quasi perfetto.
Sono pienamente d'accordo che occorre rivolgersi a un professionista in questo caso ma, a mio parere, questi deve adattarsi all'obiettivo che vuole raggiungere l'azienda con il suo sito. (....ovviamente detto obiettivo dovrebbe essere chiaro prima di realizzare il sito...)
PS: mi hanno fatto sorridere le "disavventure" raccontate nei commenti.