mercoledì 4 gennaio 2012

Trenitalia, chi lavora male comunica male  

E ‘ di oggi la notizia che Trenitalia ha tolto dal suo sito la fotografia della famiglia di immigrati che pubblicizzava la nuova quarta classe sul treno Frecciarossa. Questo dopo oltre un mese dallo scoppio della polemica: evidentemente non sono solo i suoi treni a essere in ritardo.

Trenitalia cura molto la pubblicità, sul sito e sui cartelloni che tappezzano le stazioni. Le situazioni presentate sono di solito gradevoli, anche se totalmente avulse da quella che è la realtà quotidiana della circolazione ferroviaria, chiedete a un pendolare o a qualcuno che viaggia anche poco ma sulle lunghe distanze, se avete bisogno di conferme.

Questa volta è anche la pubblicità a essere stonata, indipendentemente da quelli che possono essere i disservizi del fiore all’occhiello Frecciarossa.

Trenitalia ha un modo vecchio di intendere la comunicazione, si è fermata a quello che Grunig identifica come primo modello di pratica delle relazioni pubbliche, quello detto della press agentry o publicity, teorizzato da P.T. Barnum nell’Ottocento.

Si tratta, come è noto, di un modello di comunicazione asimmetrico (il destinatario dell’atto comunicativo si trova in posizione gerarchica inferiore rispetto al mittente - come i viaggiatori di Trenitalia costretti a bere le pubblicità propinate anche se ne conoscono già/verificano subito la non veridicità) e a una via (non è previsto il feedback del destinatario al mittente).

Nonostante il modello di Barnum sia stato seguito nel tempo da altri tre modelli (informazione, persuasione scientifica, negoziazione) l’ultimo dei quali teorizzato proprio da Grunig e di cui prende il nome, Trenitalia non ne ha preso atto.

Il quarto modello comunicativo, detto di Grunig o della negoziazione, si basa sull’ascolto dei pubblici dell’organizzazione, e non si stanca di ribadirne l’importanza.

“Si tratta di un ascolto non orientato solamente alla costruzione di messaggi efficaci da trasferire in funzione di obiettivi specifici dell’organizzazione, […] ma anche e soprattutto volto ad aiutare l’organizzazione stessa ad ottenere un posizionamento dinamico dei suoi sistemi di relazione con gli stakeholder o gli influenti, perseguendo fini che tengano anche conto dei loro interessi e valori, incorporandoli nei propri” (Toni Muzi Falconi in "Gorel, governare le relazioni, Ferpi, primavera 2002", cap. 5).

Cioè, per raggiungere i propri obiettivi di successo, un’organizzazione deve perseguire relazioni autentiche con i propri pubblici, ascoltandoli e incorporando le loro istanze nei sui programmi, e modificando i propri comportamenti qualora questi risultassero non adeguati in tal senso.

Se invece non è disposta a modificare niente del suo operare, del suo modo di essere, dovrà per forza creare una falsa immagine per cercare di coprire delle magagne che comunque prima o poi verranno fuori perché, a differenza dei tempi di Barnum, con gli strumenti attuali, un’organizzazione comunica come respira, e comunica quello che è, piaccia o no. Se lavora male, comunica male.

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