venerdì 13 luglio 2012

I sette peccati dei relatori pubblici. Terzo: fare spam

Terzo post per il terzo peccato dei relatori pubblici, individuato da Dorothy Crenshaw e ripreso da Ferpi, cui si deve la traduzione riportata qui di seguito:

Peccato no: 3: Fare spam. I più disperati (o ignoranti) tra noi sono chiamati su base settimanale alla sfida definita come “innaffia e prega". Ma vale la pena ripeterlo. Non è un comportamento in assoluto sbagliato ma quantomeno è poco professionale. Un approccio personalizzato funziona sempre meglio.

Inviare comunicati stampa a pioggia anche a giornali/riviste ecc. che per l’argomento che trattano non possono essere minimamente interessati, o inviarli alla stampa di settore ma senza averli personalizzati sulla base dei lettori tipo, o ancora intasare le caselle di posta altrui con campagne di e-mail marketing fatte magari bene ma inviate al target sbagliato. Sono esempi dei casi in cui più frequentemente si spargono le notizie a pioggia sperando che qualcuno le raccolga, le giudichi degne di nota e le pubblichi.

Per il relatore pubblico “dilettante” (per usare la definizione della Crenshaw) oppure alle prime armi, consigliamo la lettura del dossier di Sergio Zicari, scaricabile qui, in cui l'autore spiega molto chiaramente come preparare un piano della comunicazione con i media e, nella fattispecie, come selezionare le testate da contattare per l’invio dei propri comunicati stampa. Il dossier è particolarmente interessante per chi lavora nelle PMI.

Anche se spesso si tratta di un peccato veniale, dovuto alla fretta o all’ansia di diffondere una notizia, o all’ingenuità che fa sopravvalutare la portata di una notizia (il dossier approfondisce anche questo aspetto), se ne può anche trarre una diversa conclusione: una mancanza di pensiero strategico da parte dell’azienda, che non è veramente interessata a individuare i suoi pubblici di riferimento rivolgendo loro messaggi mirati. Quindi si limita a diffondere comunicazioni a una via. Non importa che siano ricevute da qualcuno perché non importa avere un feed back. In queste organizzazioni il relatore pubblico è relegato al semplice ruolo di portavoce della coalizione dominante, e non è nemmeno un “peccato” suo quello di inviare comunicati stampa a pioggia, perché spesso è quanto gli viene richiesto. Nel contempo, l’unico metro di valutazione della riuscita di un intervento comunicato è l’output, la quantità di clip di giornale che riprendono la notizia.

Più che essere un peccato commesso da dilettanti, si tratta di un peccato intrinseco a una concezione della comunicazione vecchio stampo, più simile alla Press Agentry di Barnum che non alla comunicazione a due vie di Grunig. Sarà possibile non commetterlo più solo quando si sarà diffusa una maggiore cultura delle relazioni pubbliche come asset strategico delle organizzazioni, e della comunicazione come il principale strumento per costruire delle vere relazioni con i pubblici di riferimento.

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